Nel corso di un allenamento, l'atleta si può trovare in difficoltà e di conseguenza deve avere la tempestività di decidere cosa fare. Bisogna sempre portare a termine la seduta in programma? E' meglio fermarsi se non è giornata? Vediamo un esempio al riguardo.
Prendiamo a riferimento un podista di livello amatoriale per capire meglio lo sviluppo di un allenamento non riuscito come da programma.
Si tende a volte a giudicare completamente negativo un allenamento che non è venuto come doveva; ma è ancora peggio, quando l’atleta abbandona a metà la seduta, quando non è il caso.
Il corridore maturo deve sempre saper valutare se è giusto interrompere la seduta, oppure, anche se i tempi non sono in linea con quelli previsti, portare a termine regolarmente l’allenamento.
In questo caso specifico, erano previsti dal programma d’allenamento, 5 km da 4’30” a 4'10”al km da correre in forma spontanea, con livello di crescita ideale di 5” al km.
Vediamo dall’andamento dei tempi evidenziati in tabella; come la progressione in realtà non ci sia stata se non nell’ultimo km.
Dopo un primo km troppo veloce, e lo notiamo già con un livello di frequenze cardiache alto, si è creato un debito d’ossigeno. Ha inciso però in questo deficit avuto dall’atleta, un lento recupero muscolare derivato da un carico sostenuto negli allenamenti precedenti.
Nei successivi 3 km il podista ha tenuto un ritmo costante per cercare in ogni caso di “portare a casa” l’allenamento.
Se l’obbiettivo non è stato raggiunto nei ritmi, pur riuscendo l’atleta a progredire nell’ultimo km, si può dire riuscito nelle frequenze.
Il tipo d’esercizio eseguito non è stato quello richiesto in termini di velocità di percorrenza, ma in realtà lo è stato come riferimento al progressivo cardiaco e di conseguenza all’impegno fisico compiuto.
Nel caso il corridore fosse stato in buone condizioni fisiche e fosse partito al ritmo giusto; avremmo trovate evidenziate in tabella un range d’andature di più larga forbice.
Il runner che abbiamo preso in esame doveva trovare in teoria in quest’allenamento un cammino cardiaco che dai 160 lo avrebbe portato ai 185 battiti.
Possiamo quindi vedere che invece dei 25 battiti di differenza ce ne sono stati solo 13.
Vediamo inoltre che la crescita dell’impegno cardiaco è stata lineare e corretta a dispetto della velocità della corsa; ma anche nell’incremento del lavoro cardiaco c’è stato uno stimolo non ideale.
Tutte queste valutazioni sono importanti per il tecnico per capire i gradienti di carico ed i risultati realmente allenanti che apporterà questa seduta.
1000 parziali Tempo progressivo Frequenze cardiache
1000 4’20”6 4’20” 165
2000 4’33”3 8’53” 170
3000 4’35”8 13’29” 171
4000 4’35”9 18’05” 174
5000 4’26”0 22’31” 178
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni
Progressivo non riuscito (o quasi).
Prendiamo a riferimento un podista di livello amatoriale per capire meglio lo sviluppo di un allenamento non riuscito come da programma.
Si tende a volte a giudicare completamente negativo un allenamento che non è venuto come doveva; ma è ancora peggio, quando l’atleta abbandona a metà la seduta, quando non è il caso.
Il corridore maturo deve sempre saper valutare se è giusto interrompere la seduta, oppure, anche se i tempi non sono in linea con quelli previsti, portare a termine regolarmente l’allenamento.
In questo caso specifico, erano previsti dal programma d’allenamento, 5 km da 4’30” a 4'10”al km da correre in forma spontanea, con livello di crescita ideale di 5” al km.
Vediamo dall’andamento dei tempi evidenziati in tabella; come la progressione in realtà non ci sia stata se non nell’ultimo km.
Dopo un primo km troppo veloce, e lo notiamo già con un livello di frequenze cardiache alto, si è creato un debito d’ossigeno. Ha inciso però in questo deficit avuto dall’atleta, un lento recupero muscolare derivato da un carico sostenuto negli allenamenti precedenti.
Nei successivi 3 km il podista ha tenuto un ritmo costante per cercare in ogni caso di “portare a casa” l’allenamento.
Se l’obbiettivo non è stato raggiunto nei ritmi, pur riuscendo l’atleta a progredire nell’ultimo km, si può dire riuscito nelle frequenze.
Il tipo d’esercizio eseguito non è stato quello richiesto in termini di velocità di percorrenza, ma in realtà lo è stato come riferimento al progressivo cardiaco e di conseguenza all’impegno fisico compiuto.
Nel caso il corridore fosse stato in buone condizioni fisiche e fosse partito al ritmo giusto; avremmo trovate evidenziate in tabella un range d’andature di più larga forbice.
Il runner che abbiamo preso in esame doveva trovare in teoria in quest’allenamento un cammino cardiaco che dai 160 lo avrebbe portato ai 185 battiti.
Possiamo quindi vedere che invece dei 25 battiti di differenza ce ne sono stati solo 13.
Vediamo inoltre che la crescita dell’impegno cardiaco è stata lineare e corretta a dispetto della velocità della corsa; ma anche nell’incremento del lavoro cardiaco c’è stato uno stimolo non ideale.
Tutte queste valutazioni sono importanti per il tecnico per capire i gradienti di carico ed i risultati realmente allenanti che apporterà questa seduta.
1000 parziali Tempo progressivo Frequenze cardiache
1000 4’20”6 4’20” 165
2000 4’33”3 8’53” 170
3000 4’35”8 13’29” 171
4000 4’35”9 18’05” 174
5000 4’26”0 22’31” 178
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