Quale durata deve avere la fase dedicata al riscaldamento? A quale intensità va eseguito? Bisogna compiere esercizi tecnici? E' necessario simulare fasi di gara?
Un atleta che sia un professionista o un amatore prima della performance compie sempre lo stesso gesto.
Molte sono state le scuole di pensiero e i dibattiti rimasti aperti sul significato del termine riscaldamento.
Per molti, riscaldarsi, vuol dire portare il corpo ad aumentare la temperatura interna e quella del muscolo.
Per altri, la definizione corretta, è compiere un esercizio precedente alla gara.
Come in tutte le scuole di pensiero ci sono le linee guida su cui tutti sono d'accordo.
A) La classificazione dei diversi tipi di riscaldamento
B) La durata e l'intensità di come si svolge
Come il “recupero” anche il “riscaldamento” si suddivide in 2 categorie principali.
Riscaldamento attivo: l'aumento della temperatura corporea è determinato da un aumento del metabolismo.
Riscaldamento passivo: l'aumento della temperatura corporea è determinato dal passaggio di calore dall'esterno del corpo verso l'interno.
1) Il riscaldamento attivo: si compie quando si riproduce un gesto identico a quello che si proporrà in gara.
Si fanno una serie di esercizi e azioni muscolari uguali per intensità e dinamica a quello che sarà (il giocatore che prova il tiro, il pallavolista che tenta una serie di muri).
2) Il riscaldamento collegato: si compie quando vengono svolte porzioni del movimento che si eseguiranno durante la competizione, con intensità inferiori.
(Il velocista quando prova la partenza dagli start).
3) Il riscaldamento “scollegato”: ha come obiettivo l'aumento della temperatura corporea.
L'intensità e la durata sono discrepanti rispetto a quello che sarà lo sviluppo di tutta la gara.
(Il fondista che corre per un 15 minuti, il ciclista che sale sulla sella e fa due giri di pista molto lentamente).
Valentina Cortesi
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni