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Il training intervallato è da sempre una forma di allenamento fra le più usate. Vediamo come proporla in modo corretto agli atleti a seconda delle loro caratteristiche.


di Massimo Santucci e Augusto Innocenti

Un tipo di allenamento molto diffuso è quello delle variazioni di ritmo durante la corsa. Definito spesso come “fartlek”, anche se quest’ultimo vorrebbe delle variazioni in libertà, senza riferimenti cronometrici, né tantomeno distanze già definite, è un training che permette all’atleta di correre “ascoltandosi” maggiormente. E’ usato in misura maggiore nei periodi di recupero, ad esempio nel ciclo di rigenerazione dopo una maratona oppure inserito ad inizio preparazione, proprio per portare il corridore ai primi lavori di una certa intensità in modo più graduale possibile. La concezione di questo allenamento, non avendo vincoli precisi riguardo al ritmo a cui correre le variazioni, sarebbe di effettuarlo su percorsi dal tracciato più vario possibile. Sarebbe bene evitare strade asfaltate e lunghi rettilinei. La superficie soffice, come può essere un manto erboso, ma anche allenamenti svolti sulla sabbia o fondi sterrati, magari con frequenti alternanze di direzione e in presenza di un percorso leggermente mosso, rendono la seduta ancor più completa. Quando però l’allenamento intervallato è proposto come un mezzo che dia stimoli ben precisi, verrà definito con più precisione il ritmo da tenere sia durante la variazione che nel recupero attivo. Se la seduta è svolta su percorsi non misurati, ci si affida ad un cardiofrequenzimetro o alla sensibilità al ritmo del corridore. Questo tipo di allenamento, nato decine di anni fa, è mutato nel tempo. Si è cercato di ottimizzarlo sempre più, curando attentamente l’andatura del recupero. Infatti si è cercato di qualificare il tratto corso a bassa velocità, arrivando a tenere in quel frangente ritmi corrispondenti al “medio”. Negli atleti d’elitè, ci sono molti esempi di sedute di allenamento di questo tipo, che pur essendo sessioni incentrate sulle variazioni di ritmo, si ottengono carichi elevati anche nel chilometraggio e nelle medie finali.
Un allenamento interessante del quale ho letto poco tempo fa, e che inserisce Khalid Khannouchi, ex primatista mondiale di maratona con il tempo di 2h05’37”, durante la preparazione alla maratona è il seguente: 30x1’30” recupero 1’30”. Leggendolo così non c’è niente di strano, né di innovativo. La quantità è considerevole, ma nulla più. La chiave sta nel fatto che l’ex marocchino copre oltre 30 km nell’ora e mezzo del “variato”. Una media che va sotto i 3’ al km, questo ci fa capire che per forza di cose compie i recuperi ad una velocità elevatissima. In questo tipo di allenamento vengono toccati molti meccanismi energetici e si verificano adattamenti significativi, come un costo inferiore della corsa a parità di velocità e un migliore smaltimento del lattato muscolare. Verso questa direzione ha lavorato molto anche Baldini in preparazione olimpica, sia adottando recuperi ad alte andature, che inserendo variazioni con importanti produzioni di lattato nel corso di sedute di ritmo-maratona. C’è da tener presente l’utilità di questi allenamenti anche per la fiducia che infondono nell’atleta, con una conseguente sicurezza che egli avverte nei propri mezzi.

E’ evidente che stiamo parlando di atleti evoluti, ma il concetto non cambia. Per i corridori che svolgono competizioni dal chilometraggio limitato, sono consigliate sessioni di intervallato con un breve recupero. Ciò è utile per consentire solo un piccolo riassorbimento del lattato prodotto e fare in modo che durante l’esecuzione del nuovo stimolo l’atleta non abbia ancora pagato completamente il debito. Questo allenamento di resistenza lattacida permette al mezzofondista di migliorare sul versante della resistenza veloce. Lo sviluppo estremo di questo concetto porta “all’intermittente”, training evoluto per mezzofondisti veloci.
Allenamenti con variazioni ne esistono in svariate soluzioni, come ad esempio delle scalette tipo 3’-2’-1’x 3 serie; oppure 30”-1’-2’-3’-2’-1’-30”x 2 serie con recuperi che spesso sono uguali alla durata del tratto veloce. L’aspetto che l’allenatore deve sempre considerare è cosa vuole ottenere da tale allenamento. Se ad esempio due giorni prima il proprio atleta ha corso 10 x 500m in 2’ recuperati 2’ di corsa blanda, il proporgli una seduta di variazioni di 2’ recuperate 2’ rappresenterebbe una seduta fotocopia della precedente. Magari le variazioni vengono percorse su un terreno dalle diverse caratteristiche o a differenti andature, ma quello che intendiamo dire è che nella seduta con variazioni a tempo bisogna pur sempre considerare all’incirca la distanza coperta e la qualità che si vuole curare.
Un’utile collocazione per questo tipo di esercizio, si ha nel caso che l’atleta sia alla ripresa graduale degli allenamenti dopo un periodo di stop dovuto ad un infortunio, malattia o per cause extrasportive. L’ideale sarebbe svolgere leggere variazioni in natura evitando di avere riferimenti precisi, ciò indurrebbe subito a controllare l’andatura con la conseguenza di forzare il ritmo quando ancora il fisico non è pronto.
La corsa ad intervalli è un mezzo allenante efficace e in determinati casi risulta divertente la sua esecuzione, ma va studiato con attenzione perché serve come ogni altro allenamento a costruire una buona condizione di forma.
Da un punto di vista fisiologico si deve tener presente che negli sports aerobici un corretto allenamento ha due obbiettivi fondamentali:
1) Sviluppare la capacità funzionale del sistema del trasporto dell'ossigeno aumentando la gittata cardiaca;
2) Aumentare la capacità aerobica dei muscoli specifici, sviluppare cioè la capacità di tali muscoli di estrarre l'ossigeno dal sangue.
Per raggiungere tali obiettivi si deve da un lato sovraccaricare il sistema cardiovascolare (obbiettivo raggiungibile coinvolgendo grandi masse muscolari), dall'altro coinvolgere i gruppi muscolari specifici interessati nel gesto atletico ( principio di specificità).
Il metodo di allenamento più efficace nell'ottica di raggiungere i suddetti obbiettivi è l'allenamento intervallato. Infatti, mentre il farlek (da svedese - Correre per gioco) proprio per la sua caratteristica di "libertà" nello svolgimento dell'allenamento, non ha una impostazione scientifica, è possibile validare l'allenamento intervallato  sia su base fisiologica che metabolica. Chiaramente nell'allenamento intervallato l'intensità e la durata sia dell'esercizio, sia del recupero (sia esso attivo o passivo) va scelta e finalizzata ad un obbiettivo. Con questa metodologia si può allenare il sistema ATP-CP, il sistema lattacido, la capacità aerobica, la potenza aerobica e la tolleranza al lattato a seconda dell'impostazione dell'esercizio e del rapporto carico /recupero.
Ad esempio per allenare il sistema ATP-CP si devono eseguire carichi intensi per una durata breve con un rapporto di tempo carico/recupero di 1 a 3. Per allenare il sistema aerobico invece la durata del carico ha tempi più lunghi ed il rapporto temporale carico/recupero va da 1:1 a 1:1,5.
Con questo concetto di base si può utilizzare quindi una metodologia di allenamento che implica una grande duttilità (si possono allenare vari sistemi metabolici e fisiologici) associata ad un corretto riscontro fisiologico (precisione in andature e tempi), con la possibilità quindi di adattare l'allenamento al singolo atleta ed alla singola necessità.

da www.santuccirunning.it    -    richiedi ulteriori informazioni
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