Avete presente i dolori alle gambe e un po’ in tutto il corpo che sentiamo il giorno dopo una gara? O anche nei giorni seguenti alle prime uscite di allenamento dopo un lungo stop?
Ecco, quei dolori non hanno niente a che vedere con l’acido lattico; sono invece dovuti ai microtraumi a livello miofibriale che subiscono i nostri muscoli durante ogni allenamento. Traumi che sono dovuti allo sforzo a cui è sottoposto il muscolo. Se i dolori nei giorni successivi all’allenamento sono più fastidiosi del solito – tipico di quando si riprende ad allenarci dopo un lungo stop – significa che abbiamo esagerato e che abbiamo sostenuto uno sforzo eccessivo relativamente al nostro stato di forma, danneggiando i nostri tessuti più del dovuto.
Invece quello che comunemente viene chiamato “acido lattico” (è più corretto parlare di “lattato”) viene smaltito dal nostro corpo in non più di 3 ore dopo la fine dell’allenamento, e il suo accumulo durante lo sforzo non è la principale causa del dolore e dell’affaticamento, ma piuttosto un indicatore del livello di sforzo che stiamo sostenendo.
Il nostro organismo si serve costantemente, anche a riposo, del metabolismo anaerobico lattacido che produce lattato, ma se lo sforzo non è intenso o improvviso la quantità prodotta sarà sempre inferiore a quella che, nella stessa unità di tempo, verrà smaltita. Non si avrà quindi alcun accumulo.
È quello che succede ad esempio quando facciamo una passeggiata tranquilla: possiamo camminare a lungo senza che ci sia alcun accumulo di lattato, pur essendo il meccanismo che se ne serve già operativo.
Se aumentiamo il passo e iniziamo a correre a ritmo blando aumenterà anche la produzione di lattato ma, entro una certa intensità di sforzo, sarà sempre inferiore alla quantità che le nostre cellule sono in grado di smaltire; anche in questo caso non si avrà quindi alcun accumulo indipendentemente dalla durata della nostra “corsetta”.
Aumentando il passo sempre più si arriverà a una produzione di lattato identica a quella che il nostro organismo è in grado di smaltire.
Questo stadio corrisponde alla soglia anaerobica, valore oltre il quale si ha accumulo di lattato. Rimanere al di sotto di questa soglia permette di proseguire l’attività per un tempo prolungato, perché i meccanismi della fatica possono ancora essere gestiti.
L’accumulo di lattato che si ha oltre questa soglia sta a significare che le richieste energetiche sono tali da non poter essere soddisfatte nemmeno col metabolismo anaerobico lattacido, e che quindi non potremo proseguire l’attività, a questa intensità, per molto tempo.
Ma attenzione: il lattato non è il solo responsabile della fatica e nemmeno il primo, anzi si forma proprio per permettere di liberare la cellula muscolare dalla “benzina” in eccesso che non riesce a utilizzare per insufficienza di ossigeno. Benzina che, semplificando molto, verrà riciclata e resa disponibile per il metabolismo aerobico. È anche per questo che esercizi aerobici, come la corsa a bassa intensità, svolti durante il recupero accelerano lo smaltimento del lattato: attivano quei meccanismi energetici che richiedono la trasformazione dell’acido lattico in piruvato, ovvero la “benzina” di cui sopra.
È però vero che l’acido lattico è responsabile della sensazione di bruciore che proviamo durante gli sforzi improvvisi e intensi, ma le principali cause della fatica sono altre, come l’accumulo di ioni fosfato e l’esaurimento del glicogeno muscolare necessario alla produzione di energia.
Quando ci alleniamo non cerchiamo quindi di diminuirne la produzione, ma anzi correndo al ritmo della soglia anaerobica stiamo anche abituando il corpo a “consumarne” sempre di più e, per quanto riguarda i mezzofondisti, che corrono a ritmi ben superiori a quello di soglia anaerobica, a tollerarne la presenza in grandi quantità continuando a esprimere la massima potenza.
Andrea Vassalle
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni
Ecco, quei dolori non hanno niente a che vedere con l’acido lattico; sono invece dovuti ai microtraumi a livello miofibriale che subiscono i nostri muscoli durante ogni allenamento. Traumi che sono dovuti allo sforzo a cui è sottoposto il muscolo. Se i dolori nei giorni successivi all’allenamento sono più fastidiosi del solito – tipico di quando si riprende ad allenarci dopo un lungo stop – significa che abbiamo esagerato e che abbiamo sostenuto uno sforzo eccessivo relativamente al nostro stato di forma, danneggiando i nostri tessuti più del dovuto.
Invece quello che comunemente viene chiamato “acido lattico” (è più corretto parlare di “lattato”) viene smaltito dal nostro corpo in non più di 3 ore dopo la fine dell’allenamento, e il suo accumulo durante lo sforzo non è la principale causa del dolore e dell’affaticamento, ma piuttosto un indicatore del livello di sforzo che stiamo sostenendo.
Il nostro organismo si serve costantemente, anche a riposo, del metabolismo anaerobico lattacido che produce lattato, ma se lo sforzo non è intenso o improvviso la quantità prodotta sarà sempre inferiore a quella che, nella stessa unità di tempo, verrà smaltita. Non si avrà quindi alcun accumulo.
È quello che succede ad esempio quando facciamo una passeggiata tranquilla: possiamo camminare a lungo senza che ci sia alcun accumulo di lattato, pur essendo il meccanismo che se ne serve già operativo.
Se aumentiamo il passo e iniziamo a correre a ritmo blando aumenterà anche la produzione di lattato ma, entro una certa intensità di sforzo, sarà sempre inferiore alla quantità che le nostre cellule sono in grado di smaltire; anche in questo caso non si avrà quindi alcun accumulo indipendentemente dalla durata della nostra “corsetta”.
Aumentando il passo sempre più si arriverà a una produzione di lattato identica a quella che il nostro organismo è in grado di smaltire.
Questo stadio corrisponde alla soglia anaerobica, valore oltre il quale si ha accumulo di lattato. Rimanere al di sotto di questa soglia permette di proseguire l’attività per un tempo prolungato, perché i meccanismi della fatica possono ancora essere gestiti.
L’accumulo di lattato che si ha oltre questa soglia sta a significare che le richieste energetiche sono tali da non poter essere soddisfatte nemmeno col metabolismo anaerobico lattacido, e che quindi non potremo proseguire l’attività, a questa intensità, per molto tempo.
Ma attenzione: il lattato non è il solo responsabile della fatica e nemmeno il primo, anzi si forma proprio per permettere di liberare la cellula muscolare dalla “benzina” in eccesso che non riesce a utilizzare per insufficienza di ossigeno. Benzina che, semplificando molto, verrà riciclata e resa disponibile per il metabolismo aerobico. È anche per questo che esercizi aerobici, come la corsa a bassa intensità, svolti durante il recupero accelerano lo smaltimento del lattato: attivano quei meccanismi energetici che richiedono la trasformazione dell’acido lattico in piruvato, ovvero la “benzina” di cui sopra.
È però vero che l’acido lattico è responsabile della sensazione di bruciore che proviamo durante gli sforzi improvvisi e intensi, ma le principali cause della fatica sono altre, come l’accumulo di ioni fosfato e l’esaurimento del glicogeno muscolare necessario alla produzione di energia.
Quando ci alleniamo non cerchiamo quindi di diminuirne la produzione, ma anzi correndo al ritmo della soglia anaerobica stiamo anche abituando il corpo a “consumarne” sempre di più e, per quanto riguarda i mezzofondisti, che corrono a ritmi ben superiori a quello di soglia anaerobica, a tollerarne la presenza in grandi quantità continuando a esprimere la massima potenza.
Andrea Vassalle
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