Trattiamo un argomento di attualità, ovvero la corsa campestre.
Vediamo quale dev'essere l'approccio verso questo tipo di competizione.
Allenarsi in percorsi campestri, rappresenta un mezzo da utilizzare di sicuro interesse. Non credo sia utile esercitarlo esclusivamente in inverno, nel periodo delle competizione di cross, ma anche in altri periodi. Il podista, svolgendo attività agonistica su strada, troverà sovente percorsi sterrati e dal fondo sconnesso. Non è quindi sufficiente dedicarsi a tale allenamento un paio di mesi l’anno, poiché i benefici si andrebbero a perdere. Numerose gare, anche nel periodo estivo, si svolgono su terreni misto asfalto e sterrato.
Allenarsi su percorsi dal fondo irregolare, oltre all’adattamento su quelle superfici, porterà una numerosa serie di benefici. Ad esempio il pistard, avrà in dote da quegli allenamenti, lo stimolo delle qualità propriocettive, nonché l’elasticità, la coordinazione, la forza. Una palestra formativa risulta anche la coesistenza con alti gradi di affaticamento.
Anche il maratoneta usufruisce di alcuni vantaggi affrontando allenamenti campestri nel periodo di costruzione. Egli, dopo aver corso una maratona e fatto trascorrere il giusto tempo per dar modo di avere un completo recupero, deve rimettere in piena efficienza il proprio telaio ancor prima del motore. In questa direzione sono particolarmente utili sedute di campestre, anche su tratti impegnativi, dovuti al fondo e alla presenza di continue variazioni di pendenza.
I DIVERSI TERRENI
Si passa da fondi abbastanza veloci, come possono essere quelli di una pineta in buone condizioni, a parchi oppure a campi veri e propri. La consistenza del terreno è determinante ai fini dell’allenamento, poiché si passa da terreni molto compatti ad altri soffici. Su quest’ultimi il piede sprofonda andando a perdere gran parte della spinta esercitata e contribuendo in tal modo a rendere il lavoro ancor più muscolare. Allenamenti molto impegnativi, ma proficui, si possono effettuare su superfici sabbiose, magari con l’inserimento di alcune dune. Suscita interesse la corsa sulla spiaggia e anche se i pareri dei tecnici non sono concordi è senz’altro un mezzo da valutare. Ne fanno ricorso alcuni forti maratoneti con l’intento di aumentare l’uso dei piedi e quindi la spinta conseguente. Ne dovrebbe quindi risultare una migliore risposta susseguente alla fase d’appoggio.
Ricorrono spesso alla corsa fuori strada, gli specialisti della corsa in montagna. Le competizioni a cui essi prendono parte, prevedono la prevalenza di tratti che si snodano su sentieri boschivi. Questo implica la percorrenza di percorsi dal fondo sconnesso e l’effettuazione di esercitazioni su ripide erte, come possono essere alcune mulattiere. Non è da sottovalutare la corsa in discesa su percorsi dal fondo irregolare, è di certo molto traumatica, ma rappresenta un passaggio irrinunciabile per chi ha ambizioni nelle gare di montagna. Aumenta inoltre il controllo del corpo in generale, in pratica anche il tronco svolge un’azione determinante per l’equilibrio dell’atleta.
COME ADATTARSI
Essere efficienti su percorsi non asfaltati, non è cosa semplice. Con l’esercizio costante si migliora molto, ma certe attitudini sono innate. Se fate caso, potrete notare chi ha facilità a correre in discesa non dà l’impressione di spingere, ma riesce a far scorrere con efficacia il suo corpo, come se fosse su un binario. Altri invece proprio non vanno in discesa, corrono di forza, spingono e poi frenano in continuazione, il risultato è di spendere tante energie e fare poca strada. Ecco, con differenti incidenze questo si verifica anche
in campestre. Tale specialità implica doti di coordinazione particolari. In queste gare i cambi di ritmo e le ripartenze sono aspetti primari visto come i tipi di percorso sono tracciati. In allenamento, per curare queste qualità, si può fare ricorso ad un attento studio del percorso campestre ove allenarsi. Potrebbe essere di aiuto la preparazione di un anello di lunghezza media e procedere alla sua misurazione. Esso dovrebbe avere caratteristiche che implicano la variazione frequente dell’assetto di corsa in modo da rendere la seduta più completa e impegnativa.
LE SCARPE
L’uso di scarpe idonee al tipo di terreno è basilare. Specialmente in gare di campestre l’uso di scarpe chiodate è prerogativa irrinunciabile.
Esse danno stabilità e una spinta migliore. La misura e il tipo di chiodi da applicare
alla calzatura, vanno studiati in base alla
compattezza del terreno in cui si correrà. I
chiodi, trovandosi sull’avampiede, invitano
ad avere un‘azione “in spinta”, e cioè a non correre sui talloni. Ciò, oltre a pregiudicare una spinta ottimale, costituisce un pericolo riguardo l'equilibrio in terreni scivolosi.
LA TATTICA
Nelle gare campestri e di corsa in montagna, si presentano spesso contatti fra gli atleti in cerca della posizione migliore per affrontare le curve e le strettoie del percorso in condizione ottimale. Per difendersi dagli avversari, occorrono decisione e grinta che si trovano con l’esperienza, rimanendo ovviamente nel campo della piena lealtà sportiva. I secondi persi per strada, non si ritrovano sul traguardo, quindi bisogna essere determinati e lucidi in ogni frangente di gara. La condotta di essa deve essere regolare, ma rispetto alle gare su strada non è sempre produttivo correre in mezzo ad un gruppo di corridori. I continui rallentamenti seguiti dalle accelerazioni possono essere amplificati in quella posizione. Spesso è meglio usare come riferimento altri atleti, ma cercando di essere liberi di poter stendere la propria falcata senza limiti di spazio.
LO STILE
L’azione più efficace da tenere su superfici sconnesse, è di solito quella di sviluppare un passo non troppo ampio. È importante tenere un’azione corta e rapida per non disperdere tesori di energie. I campi non sono tartan, gran parte della spinta che viene esercitata va a perdersi nel terreno, quindi meglio non correre di forza, ma centellinare con giudizio le energie. Questo va ricordato soprattutto in presenza di terreni allagati e fangosi. L’azione delle gambe deve essere simile a quella di una ruota, è molto più produttiva la rapidità della falcata che non cercare la sua massima ampiezza.
I CAMPIONI
Abbiamo avuto l’esempio di grandi campioni della pista che in campestre avevano un differente adattamento. Era sufficiente che il terreno fosse fangoso per ridurre drasticamente le proprie potenzialità. Facendo un raffronto fra due grandissimi esponenti del fondo mondiale e cioè il portoghese Carlos Lopes e il nostro Salvatore Antibo notiamo differenze notevoli. Il primo correva i 10000m in 27’17”, il secondo in 27’16”. Eppure Lopes ha vinto i Mondiali di cross, allora cross delle Nazioni, mentre Antibo si difendeva su tracciati scorrevoli, ma senza avvicinarsi ai prestigiosi livelli raggiunti in pista. Quindi un motore pressochè identico, ma che si adattava in modo opposto su questi terreni.
Un esempio attuale l’abbiamo nell’etiope Bekele numero 1 al mondo nel cross e in pista al contrario dell’immenso Haile Gebrselassie, che ha incantato il mondo per 10 anni in pista, ma ha preferito evitare i cross. Infatti le uscite che fece furono discrete, ma niente a che vedere con il grande campione quale egli è.
Questi due atleti etiopi hanno caratteristiche diverse: Bekele è l’atleta di nuova generazione, agile e potente; Gebre ha doti inferiori di forza, ma grande elasticità e piedi da favola.
In montagna basta citare Bordin, Bernardini e Milesi per capire come eccelsi maratoneti si adattavano a percorsi fuori strada.
PROPOSTA DI ALLENAMENTO
Un tipo di esercizio da prendere in considerazione è l’utilizzo dell’interval training applicato in campestre. Occorre un percorso con segnali o riferimenti visivi per poter svolgere questa seduta. Se il percorso è misurato anche le indicazioni impartite dal tecnico possono essere più precise. Una proposta potrebbe essere: 10 x 400m recupero 200m per uno sviluppo totale di 6 km. Le frazioni più lunghe vanno corse ad un’andatura poco più veloce del ritmo gara, mentre il recupero va qualificato. Il ritmo di esso si dovrebbe posizionare attorno a quella usato per il medio. In pratica un atleta che corre i 10 km campestri a 3’30” al km, dovrebbe effettuare i 400m a 3’20”/25” al km e i 200m a 3’45”/50” al km. Ne risulta una media finale dei 6 km particolarmente elevata. Oltre a cercare l’incremento della velocità di gara, si ha in questo tipo di allenamento, un miglioramento della resistenza al ritmo.
LO STRETCHING
Anche se non è visto con simpatia dalla maggior parte dei podisti, prima di svolgere una sessione di allenamento in campestre, sarebbe utile ricorrere ad esercizi di allungamento. I muscoli e i tendini sono particolarmente sollecitati sui percorsi sconnessi, onde evitare traumi è buona regola eseguire esercizi preventivi.
di Massimo Santucci - Pubblicato su Podismo e Atletica
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni
Vediamo quale dev'essere l'approccio verso questo tipo di competizione.
Allenarsi in percorsi campestri, rappresenta un mezzo da utilizzare di sicuro interesse. Non credo sia utile esercitarlo esclusivamente in inverno, nel periodo delle competizione di cross, ma anche in altri periodi. Il podista, svolgendo attività agonistica su strada, troverà sovente percorsi sterrati e dal fondo sconnesso. Non è quindi sufficiente dedicarsi a tale allenamento un paio di mesi l’anno, poiché i benefici si andrebbero a perdere. Numerose gare, anche nel periodo estivo, si svolgono su terreni misto asfalto e sterrato.
Allenarsi su percorsi dal fondo irregolare, oltre all’adattamento su quelle superfici, porterà una numerosa serie di benefici. Ad esempio il pistard, avrà in dote da quegli allenamenti, lo stimolo delle qualità propriocettive, nonché l’elasticità, la coordinazione, la forza. Una palestra formativa risulta anche la coesistenza con alti gradi di affaticamento.
Anche il maratoneta usufruisce di alcuni vantaggi affrontando allenamenti campestri nel periodo di costruzione. Egli, dopo aver corso una maratona e fatto trascorrere il giusto tempo per dar modo di avere un completo recupero, deve rimettere in piena efficienza il proprio telaio ancor prima del motore. In questa direzione sono particolarmente utili sedute di campestre, anche su tratti impegnativi, dovuti al fondo e alla presenza di continue variazioni di pendenza.
I DIVERSI TERRENI
Si passa da fondi abbastanza veloci, come possono essere quelli di una pineta in buone condizioni, a parchi oppure a campi veri e propri. La consistenza del terreno è determinante ai fini dell’allenamento, poiché si passa da terreni molto compatti ad altri soffici. Su quest’ultimi il piede sprofonda andando a perdere gran parte della spinta esercitata e contribuendo in tal modo a rendere il lavoro ancor più muscolare. Allenamenti molto impegnativi, ma proficui, si possono effettuare su superfici sabbiose, magari con l’inserimento di alcune dune. Suscita interesse la corsa sulla spiaggia e anche se i pareri dei tecnici non sono concordi è senz’altro un mezzo da valutare. Ne fanno ricorso alcuni forti maratoneti con l’intento di aumentare l’uso dei piedi e quindi la spinta conseguente. Ne dovrebbe quindi risultare una migliore risposta susseguente alla fase d’appoggio.
Ricorrono spesso alla corsa fuori strada, gli specialisti della corsa in montagna. Le competizioni a cui essi prendono parte, prevedono la prevalenza di tratti che si snodano su sentieri boschivi. Questo implica la percorrenza di percorsi dal fondo sconnesso e l’effettuazione di esercitazioni su ripide erte, come possono essere alcune mulattiere. Non è da sottovalutare la corsa in discesa su percorsi dal fondo irregolare, è di certo molto traumatica, ma rappresenta un passaggio irrinunciabile per chi ha ambizioni nelle gare di montagna. Aumenta inoltre il controllo del corpo in generale, in pratica anche il tronco svolge un’azione determinante per l’equilibrio dell’atleta.
COME ADATTARSI
Essere efficienti su percorsi non asfaltati, non è cosa semplice. Con l’esercizio costante si migliora molto, ma certe attitudini sono innate. Se fate caso, potrete notare chi ha facilità a correre in discesa non dà l’impressione di spingere, ma riesce a far scorrere con efficacia il suo corpo, come se fosse su un binario. Altri invece proprio non vanno in discesa, corrono di forza, spingono e poi frenano in continuazione, il risultato è di spendere tante energie e fare poca strada. Ecco, con differenti incidenze questo si verifica anche
in campestre. Tale specialità implica doti di coordinazione particolari. In queste gare i cambi di ritmo e le ripartenze sono aspetti primari visto come i tipi di percorso sono tracciati. In allenamento, per curare queste qualità, si può fare ricorso ad un attento studio del percorso campestre ove allenarsi. Potrebbe essere di aiuto la preparazione di un anello di lunghezza media e procedere alla sua misurazione. Esso dovrebbe avere caratteristiche che implicano la variazione frequente dell’assetto di corsa in modo da rendere la seduta più completa e impegnativa.
LE SCARPE
L’uso di scarpe idonee al tipo di terreno è basilare. Specialmente in gare di campestre l’uso di scarpe chiodate è prerogativa irrinunciabile.
Esse danno stabilità e una spinta migliore. La misura e il tipo di chiodi da applicare
alla calzatura, vanno studiati in base alla
compattezza del terreno in cui si correrà. I
chiodi, trovandosi sull’avampiede, invitano
ad avere un‘azione “in spinta”, e cioè a non correre sui talloni. Ciò, oltre a pregiudicare una spinta ottimale, costituisce un pericolo riguardo l'equilibrio in terreni scivolosi.
LA TATTICA
Nelle gare campestri e di corsa in montagna, si presentano spesso contatti fra gli atleti in cerca della posizione migliore per affrontare le curve e le strettoie del percorso in condizione ottimale. Per difendersi dagli avversari, occorrono decisione e grinta che si trovano con l’esperienza, rimanendo ovviamente nel campo della piena lealtà sportiva. I secondi persi per strada, non si ritrovano sul traguardo, quindi bisogna essere determinati e lucidi in ogni frangente di gara. La condotta di essa deve essere regolare, ma rispetto alle gare su strada non è sempre produttivo correre in mezzo ad un gruppo di corridori. I continui rallentamenti seguiti dalle accelerazioni possono essere amplificati in quella posizione. Spesso è meglio usare come riferimento altri atleti, ma cercando di essere liberi di poter stendere la propria falcata senza limiti di spazio.
LO STILE
L’azione più efficace da tenere su superfici sconnesse, è di solito quella di sviluppare un passo non troppo ampio. È importante tenere un’azione corta e rapida per non disperdere tesori di energie. I campi non sono tartan, gran parte della spinta che viene esercitata va a perdersi nel terreno, quindi meglio non correre di forza, ma centellinare con giudizio le energie. Questo va ricordato soprattutto in presenza di terreni allagati e fangosi. L’azione delle gambe deve essere simile a quella di una ruota, è molto più produttiva la rapidità della falcata che non cercare la sua massima ampiezza.
I CAMPIONI
Abbiamo avuto l’esempio di grandi campioni della pista che in campestre avevano un differente adattamento. Era sufficiente che il terreno fosse fangoso per ridurre drasticamente le proprie potenzialità. Facendo un raffronto fra due grandissimi esponenti del fondo mondiale e cioè il portoghese Carlos Lopes e il nostro Salvatore Antibo notiamo differenze notevoli. Il primo correva i 10000m in 27’17”, il secondo in 27’16”. Eppure Lopes ha vinto i Mondiali di cross, allora cross delle Nazioni, mentre Antibo si difendeva su tracciati scorrevoli, ma senza avvicinarsi ai prestigiosi livelli raggiunti in pista. Quindi un motore pressochè identico, ma che si adattava in modo opposto su questi terreni.
Un esempio attuale l’abbiamo nell’etiope Bekele numero 1 al mondo nel cross e in pista al contrario dell’immenso Haile Gebrselassie, che ha incantato il mondo per 10 anni in pista, ma ha preferito evitare i cross. Infatti le uscite che fece furono discrete, ma niente a che vedere con il grande campione quale egli è.
Questi due atleti etiopi hanno caratteristiche diverse: Bekele è l’atleta di nuova generazione, agile e potente; Gebre ha doti inferiori di forza, ma grande elasticità e piedi da favola.
In montagna basta citare Bordin, Bernardini e Milesi per capire come eccelsi maratoneti si adattavano a percorsi fuori strada.
PROPOSTA DI ALLENAMENTO
Un tipo di esercizio da prendere in considerazione è l’utilizzo dell’interval training applicato in campestre. Occorre un percorso con segnali o riferimenti visivi per poter svolgere questa seduta. Se il percorso è misurato anche le indicazioni impartite dal tecnico possono essere più precise. Una proposta potrebbe essere: 10 x 400m recupero 200m per uno sviluppo totale di 6 km. Le frazioni più lunghe vanno corse ad un’andatura poco più veloce del ritmo gara, mentre il recupero va qualificato. Il ritmo di esso si dovrebbe posizionare attorno a quella usato per il medio. In pratica un atleta che corre i 10 km campestri a 3’30” al km, dovrebbe effettuare i 400m a 3’20”/25” al km e i 200m a 3’45”/50” al km. Ne risulta una media finale dei 6 km particolarmente elevata. Oltre a cercare l’incremento della velocità di gara, si ha in questo tipo di allenamento, un miglioramento della resistenza al ritmo.
LO STRETCHING
Anche se non è visto con simpatia dalla maggior parte dei podisti, prima di svolgere una sessione di allenamento in campestre, sarebbe utile ricorrere ad esercizi di allungamento. I muscoli e i tendini sono particolarmente sollecitati sui percorsi sconnessi, onde evitare traumi è buona regola eseguire esercizi preventivi.
di Massimo Santucci - Pubblicato su Podismo e Atletica
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