Aumentare la resistenza, allenare la resistenza, seduta per la resistenza
di Massimo Santucci e Lorenzo Andreini
Resistere nel tempo è il principio che deve far suo ogni corridore che affronta le distanze del fondo.
Resistere al ritmo e mantenere sufficienti coefficienti di forza e di coordinazione sono aspetti fondamentali per eccellere nelle medie e lunghe distanze.
Per ottenere ciò l’allenamento deve seguire iter precisi nei volumi e nello studio delle varie andature di corsa.
Prima però vediamo come funziona la macchina atleta in regime estensivo.
La resistenza
(note fisiologiche e varie)
Il corpo umano può produrre energia in diversi modi.
Chiamiamo sistemi energetici o metabolismi energetici i meccanismi metabolici grazie ai quali il nostro sistema scheletrico è in grado di produrre energia.
Un sistema energetico è costituito da una serie di reazioni chimiche che provocheranno la formazione di ATP e prodotti da scartare (come ad esempio l’anidride carbonica).
In breve, che cos’è l’ATP? Senza scendere nei dettagli, l’ATP è la principale fonte di energia dell’attività muscolare.
E’ costituita da una molecola di zucchero (adenosina) legata a tre gruppi fosfato.
Quando una molecola di fosfato viene separata dall’ ATP, viene prodotta energia.
I gruppi fosfato periferici sulla molecola di ATP sono tenuti insieme con legami instabili, cioè l’energia viene prontamente rilasciata quando l’ATP viene scisso della molecola di fosfato.
Non scenderemo ulteriormente in dettagli.
Diciamo piuttosto che i sistemi energetici possono essere suddivisi in due categorie: i sistemi aerobici ed i sistemi anaerobici, i quali differiscono per intensità, durata e nel modo in cui l’energia viene prodotta dal corpo.
I sistemi aerobici richiedono l’impiego di ossigeno, i sistemi anaerobici non richiedono l’utilizzo dell’ossigeno.
Ci concentreremo sui sistemi aerobici.
Nel metabolismo aerobico le reazioni ossidative sono meccanismi importantissimi per produrre energia, in quanto dalla degradazione ossidativa delle scorte caloriche del nostro corpo (grassi e glucidi) si può ricavare un quantitativo energetico molto vasto.
L’assunzione e trasporto di ossigeno coinvolge in particolare l’apparato respiratorio (per gli scambi gassosi) e l’apparato cardiocircolatorio (per il trasporto in tutto il corpo).
Fondamentale è il contenuto di emoglobina nel sangue, vettore di ossigeno.
Infine, le caratteristiche anatomiche e fisiologiche degli organi bersaglio influiscono sugli scambi gassosi tra capillari e cellule.
La quantità di ossigeno che deve assumere il corpo è regolata dal metabolismo cellulare.
Si distinguono il metabolismo basale, che rappresenta la quantità minima necessaria per soddisfare le esigenze vitali di un individuo e il famoso VO2max, il massimo consumo di ossigeno, ovvero il volume massimo di ossigeno che un corpo consuma in un’unità di tempo per la contrazione muscolare.
Se si ha un VO2max con un valore alto, ciò significa che si ha una grande capacità di produrre energia dal punto di vista dell’efficienza dello sforzo.
L’incremento del parametro VO2max vuol dire incrementare il potenziale energetico.
Il VO2max si aumenta, ovviamente, allenandosi in modo mirato e sistematico.
Un individuo sedentario ha un VO2 max di circa 40-50 ml/kg/min, mentre un atleta può incrementare tale valore anche del 100%.
Si apprezzano differenze di genere, spesso le donne hanno un valore assoluto inferiore del 30% rispetto all’indice maschile.
La differenza tra uomini e donne tende tuttavia ad annullarsi quando il valore è riferito alla massa muscolare (magra), in tal caso le differenze oscillano tra il 3% e il 4%.
Il valore limite massimo di VO2 max è intorno ai 90 mL/kg/min; gli atleti caratterizzati dai più elevati valori sono i fondisti.
Per quanto riguarda la resistenza, un valore affatto da trascurare è quello della frequenza cardiaca.
Negli anni settanta, il prof. Karvonen introdusse la sua formula, che completava quella già esistente di Cooper, prendendo in considerazione anche la FC (frequenza cardiaca) a riposo dell’atleta, risultando quindi molto più personalizzata.
Infatti, al contrario della formula di Cooper, quella di Karvonen trova un valore corrispettivo del VO2max.
La formula è:
220 – età = FC max – FC a riposo = FC di riserva
Servono poi altri calcoli per arrivare alla percentuale allenante che in verità abbassa l’indice di attendibilità di tale test.
Stabilita la percentuale allenante della frequenza cardiaca è chiaro che si può misurare l’intensità relativa della prestazione.
Vediamo i valori, ma il consiglio è di attuare programmi senza basarsi sull’attività cardiaca, essa può entrare in gioco solo a seguito di valutazioni estrapolate da incrementali di natura moderna.
Fascia 1 (molto leggero): fra il 50 e il 65% della FC max, è un’attività blanda. Rappresenta un’attività tonificante, riabilitativa o per tenersi in forma.
Fascia 2 (leggero): fra il 65 e il 75% della FC max, è un ritmo adatto al massimo consumo di lipidi a scopo energetico (lipolisi), è adatto anche per la prestazione di durata.
Fascia 3 (moderato): fra il 75 e l’85% della FC max, rappresenta il tipo di attività adatto al miglioramento della prestazione, della capacità cardiovascolare e cardiorespiratoria, della resistenza, nonché della potenza aerobica.
Fascia 4-5 (elevato/massimale): dall’85% in poi parliamo di soglia anaerobica.
Come accennavamo in precedenza, esiste una correlazione tra VO2max e FC.
Questa correlazione ha validità solo adoperando la formula di Karvonen, che valuta anche la frequenza cardiaca a riposo.
Correlazioni di valore relativo variano in base al tipo di sforzo aerobico.
Dalla teoria alla pratica
Detto tutto questo, dobbiamo adesso saper tradurre i concetti in allenamento e quindi in affidabilità e prestazione.
Ancora prima bisogna però metterci in guardia dagli errori più frequenti.
Sono da evitare, per chi vuole specializzarsi nelle distanze del fondo, quelle esercitazioni che invadono a piene mani il meccanismo anaerobico.
Ciò è permesso solo usando grande sensibilità e conoscenza.
Il pericolo di spostare i condizionamenti aerobici verso attività di natura puramente lattacida sono imperdonabili.
La cellula in attività di regime resistente respira, si nutre di ossigeno, si fortifica e diventa capace di produrre sempre più lavoro; farle trovare acidi nei suoi campi significa inibire quel sopraffino lavoro che significa girare a motore spinto verso durate estese.
Unire km dal profilo aerobico con i ritmi medi rappresenta il cuore del progetto autunnale per i podisti in preparazione convenzionale.
I quattro quinti circa del quantitativo settimanale dovrebbe collocarsi appunto fra le produzioni lattacide che vanno dai 2 ai 3 millimoli per litro.
Il 15/20% delle attività settimanali si possono invece spostare verso il VO2max che, come abbiamo visto prima, costituisce l’arma in più se immessa nel nostro Diesel.
Quindi una parte di allenamento, non estesa, deve venire sviluppata fra i 3 ed i 6 millimoli di produzione lattacida per litro.
Importanti sono i rientri veloci dalle produzioni, qui diventano protagoniste le fibre e la sua capacità di evasione dai “detriti”.
Dobbiamo diventare degli oculati consumatori di energia e tenendo buono ciò, avanzare al massimo con le velocità gara.
Fare velocità a ridotto consumo energetico è senz’altro l’obiettivo prioritario dei mesi in corso per chi vuole avere un motore potente e resistente.
Non si tratta di ricerche utopiche, basta creare cicli ben concepiti e di durata sufficientemente lunga per assimilare al meglio ciò che deriva dagli stimoli messi in atto.
Pubblicato sulla rivista Runners e Benessere
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni
di Massimo Santucci e Lorenzo Andreini
Resistere nel tempo è il principio che deve far suo ogni corridore che affronta le distanze del fondo.
Resistere al ritmo e mantenere sufficienti coefficienti di forza e di coordinazione sono aspetti fondamentali per eccellere nelle medie e lunghe distanze.
Per ottenere ciò l’allenamento deve seguire iter precisi nei volumi e nello studio delle varie andature di corsa.
Prima però vediamo come funziona la macchina atleta in regime estensivo.
La resistenza
(note fisiologiche e varie)
Il corpo umano può produrre energia in diversi modi.
Chiamiamo sistemi energetici o metabolismi energetici i meccanismi metabolici grazie ai quali il nostro sistema scheletrico è in grado di produrre energia.
Un sistema energetico è costituito da una serie di reazioni chimiche che provocheranno la formazione di ATP e prodotti da scartare (come ad esempio l’anidride carbonica).
In breve, che cos’è l’ATP? Senza scendere nei dettagli, l’ATP è la principale fonte di energia dell’attività muscolare.
E’ costituita da una molecola di zucchero (adenosina) legata a tre gruppi fosfato.
Quando una molecola di fosfato viene separata dall’ ATP, viene prodotta energia.
I gruppi fosfato periferici sulla molecola di ATP sono tenuti insieme con legami instabili, cioè l’energia viene prontamente rilasciata quando l’ATP viene scisso della molecola di fosfato.
Non scenderemo ulteriormente in dettagli.
Diciamo piuttosto che i sistemi energetici possono essere suddivisi in due categorie: i sistemi aerobici ed i sistemi anaerobici, i quali differiscono per intensità, durata e nel modo in cui l’energia viene prodotta dal corpo.
I sistemi aerobici richiedono l’impiego di ossigeno, i sistemi anaerobici non richiedono l’utilizzo dell’ossigeno.
Ci concentreremo sui sistemi aerobici.
Nel metabolismo aerobico le reazioni ossidative sono meccanismi importantissimi per produrre energia, in quanto dalla degradazione ossidativa delle scorte caloriche del nostro corpo (grassi e glucidi) si può ricavare un quantitativo energetico molto vasto.
L’assunzione e trasporto di ossigeno coinvolge in particolare l’apparato respiratorio (per gli scambi gassosi) e l’apparato cardiocircolatorio (per il trasporto in tutto il corpo).
Fondamentale è il contenuto di emoglobina nel sangue, vettore di ossigeno.
Infine, le caratteristiche anatomiche e fisiologiche degli organi bersaglio influiscono sugli scambi gassosi tra capillari e cellule.
La quantità di ossigeno che deve assumere il corpo è regolata dal metabolismo cellulare.
Si distinguono il metabolismo basale, che rappresenta la quantità minima necessaria per soddisfare le esigenze vitali di un individuo e il famoso VO2max, il massimo consumo di ossigeno, ovvero il volume massimo di ossigeno che un corpo consuma in un’unità di tempo per la contrazione muscolare.
Se si ha un VO2max con un valore alto, ciò significa che si ha una grande capacità di produrre energia dal punto di vista dell’efficienza dello sforzo.
L’incremento del parametro VO2max vuol dire incrementare il potenziale energetico.
Il VO2max si aumenta, ovviamente, allenandosi in modo mirato e sistematico.
Un individuo sedentario ha un VO2 max di circa 40-50 ml/kg/min, mentre un atleta può incrementare tale valore anche del 100%.
Si apprezzano differenze di genere, spesso le donne hanno un valore assoluto inferiore del 30% rispetto all’indice maschile.
La differenza tra uomini e donne tende tuttavia ad annullarsi quando il valore è riferito alla massa muscolare (magra), in tal caso le differenze oscillano tra il 3% e il 4%.
Il valore limite massimo di VO2 max è intorno ai 90 mL/kg/min; gli atleti caratterizzati dai più elevati valori sono i fondisti.
Per quanto riguarda la resistenza, un valore affatto da trascurare è quello della frequenza cardiaca.
Negli anni settanta, il prof. Karvonen introdusse la sua formula, che completava quella già esistente di Cooper, prendendo in considerazione anche la FC (frequenza cardiaca) a riposo dell’atleta, risultando quindi molto più personalizzata.
Infatti, al contrario della formula di Cooper, quella di Karvonen trova un valore corrispettivo del VO2max.
La formula è:
220 – età = FC max – FC a riposo = FC di riserva
Servono poi altri calcoli per arrivare alla percentuale allenante che in verità abbassa l’indice di attendibilità di tale test.
Stabilita la percentuale allenante della frequenza cardiaca è chiaro che si può misurare l’intensità relativa della prestazione.
Vediamo i valori, ma il consiglio è di attuare programmi senza basarsi sull’attività cardiaca, essa può entrare in gioco solo a seguito di valutazioni estrapolate da incrementali di natura moderna.
Fascia 1 (molto leggero): fra il 50 e il 65% della FC max, è un’attività blanda. Rappresenta un’attività tonificante, riabilitativa o per tenersi in forma.
Fascia 2 (leggero): fra il 65 e il 75% della FC max, è un ritmo adatto al massimo consumo di lipidi a scopo energetico (lipolisi), è adatto anche per la prestazione di durata.
Fascia 3 (moderato): fra il 75 e l’85% della FC max, rappresenta il tipo di attività adatto al miglioramento della prestazione, della capacità cardiovascolare e cardiorespiratoria, della resistenza, nonché della potenza aerobica.
Fascia 4-5 (elevato/massimale): dall’85% in poi parliamo di soglia anaerobica.
Come accennavamo in precedenza, esiste una correlazione tra VO2max e FC.
Questa correlazione ha validità solo adoperando la formula di Karvonen, che valuta anche la frequenza cardiaca a riposo.
Correlazioni di valore relativo variano in base al tipo di sforzo aerobico.
Dalla teoria alla pratica
Detto tutto questo, dobbiamo adesso saper tradurre i concetti in allenamento e quindi in affidabilità e prestazione.
Ancora prima bisogna però metterci in guardia dagli errori più frequenti.
Sono da evitare, per chi vuole specializzarsi nelle distanze del fondo, quelle esercitazioni che invadono a piene mani il meccanismo anaerobico.
Ciò è permesso solo usando grande sensibilità e conoscenza.
Il pericolo di spostare i condizionamenti aerobici verso attività di natura puramente lattacida sono imperdonabili.
La cellula in attività di regime resistente respira, si nutre di ossigeno, si fortifica e diventa capace di produrre sempre più lavoro; farle trovare acidi nei suoi campi significa inibire quel sopraffino lavoro che significa girare a motore spinto verso durate estese.
Unire km dal profilo aerobico con i ritmi medi rappresenta il cuore del progetto autunnale per i podisti in preparazione convenzionale.
I quattro quinti circa del quantitativo settimanale dovrebbe collocarsi appunto fra le produzioni lattacide che vanno dai 2 ai 3 millimoli per litro.
Il 15/20% delle attività settimanali si possono invece spostare verso il VO2max che, come abbiamo visto prima, costituisce l’arma in più se immessa nel nostro Diesel.
Quindi una parte di allenamento, non estesa, deve venire sviluppata fra i 3 ed i 6 millimoli di produzione lattacida per litro.
Importanti sono i rientri veloci dalle produzioni, qui diventano protagoniste le fibre e la sua capacità di evasione dai “detriti”.
Dobbiamo diventare degli oculati consumatori di energia e tenendo buono ciò, avanzare al massimo con le velocità gara.
Fare velocità a ridotto consumo energetico è senz’altro l’obiettivo prioritario dei mesi in corso per chi vuole avere un motore potente e resistente.
Non si tratta di ricerche utopiche, basta creare cicli ben concepiti e di durata sufficientemente lunga per assimilare al meglio ciò che deriva dagli stimoli messi in atto.
Pubblicato sulla rivista Runners e Benessere
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