Finché c’è vita c’è speranza
La spaccata rappresenta spesso nell’immaginario collettivo un ostacolo supremo irrealizzabile… Ma sarà proprio vero? Seppur coscienti della nostra età, non è mai troppo tardi per imparare. Ma per raggiungere questo obiettivo sono necessari tanta pazienza, tanto allenamento e tanta buona volontà, e soprattutto bisogna non avere fretta! Occorre infatti tenere presente che per raggiungere l’obiettivo è necessario allenarsi in modo corretto, rispettando i tempi del proprio corpo e facendosi seguire da personale specializzato.
Ovvio è che tanto lo fa la predisposizione fisica. Importante, come fattore preliminare per una buona flessibilità, premurarsi di lubrificare bene le articolazioni la cui mobilità si desidera migliorare; basta infatti pensare che ci sono molte ballerine di professione che, pur facendolo di mestiere, non hanno affatto una buona apertura.
Che cos’è la spaccata
La spaccata è prima di tutto un allenamento mentale, l’unico in grado di innalzare la soglia del dolore fino al massimo limite sopportabile.
La spaccata, da un punto di vista “tecnico”, non è una sola ma due: la spaccata frontale (la spaccata per antonomasia) e la spaccata sagittale (destra e sinistra).
Nella spaccata frontale si scende con il bacino al suolo facendo scivolare i piedi sul piano frontale e mantenendo le piante dei piedi ancorate al suolo (in pratica è l’estremizzazione massima della divaricazione dei piedi, uno a destra e uno a sinistra). In una sua variante si possono ruotare le punte dei piedi verso l’alto e lasciare i talloni come unici punti di contatto con il suolo. In questo caso non c’è abduzione (cioè divaricazione) pura, in quanto oltre un certo livello di abduzione la testa del femore cozza contro l’osso dell’anca, cosicché diviene necessario ruotare o il bacino o l’arto di modo da consentire l’allungamento.
Nella spaccata sagittale, invece, la tecnica corretta presuppone il contatto della pelvi col suolo. Il gluteo corrispondente all’arto avanzato deve essere in buona parte aderente al terreno. Non “vale”, quindi, spostare il peso sulla gamba dietro. È necessario, per evitare tensioni superflue ed eventuali danni e tendiniti, tenere il dorso del piede arretrato aderente al suolo (un errore comune è quello di girarlo di lato, poggiando a terra non il dorso, bensì il bordo interno).
Contrariamente a quanto si crede, le spaccate non richiedono un consistente allungamento della muscolatura: esse sono un lavoro perlopiù articolare e tendineo. Lo scopo dello stretching per la spaccata, dunque, non dovrebbe essere solo quello di allungare i propri muscoli, ma anche quello di renderli in grado di effettuare i nuovi movimenti. I legamenti e i tendini del nostro corpo sono composti da collagene ed elastina: il primo dà ai tendini la loro forza, la seconda offre appunto elasticità. Con l’avanzare dell’età, l’elastina ed il collagene cambiano il loro rapporto, che va a favorire collagene e tessuto cicatriziale. L’elasticità dei tendini dunque è destinata a diminuire sempre di più, e, considerando che le proprietà meccaniche di muscoli, legamenti e tendini non possono essere modificate, cercare di allungare questi ultimi non potrà che portare ad un infortunio. Questo è il motivo per cui il loro raggiungimento è faticoso sotto qualunque profilo ed il loro allenamento consiste di un sapiente mix di differenti metodologie di allenamento.
L’allungamento di un muscolo implica il distanziamento reciproco delle varie proteine elastiche (actina e miosina) che lo costituiscono. Questo allungamento, però, deve per forza di cose avere dei limiti: se infatti si eccede nell’allungare un muscolo, questo potrebbe anche strapparsi! È proprio per questo che l’organismo, al fine di prevenire dei danni muscolari che potrebbero essere anche piuttosto gravi, mette in atto una risposta riflessa (cioè non volontaria) di contrazione del muscolo quando questo viene allungato troppo: La tensione muscolare (o la rigidità del muscolo), è una forma automatica di difesa dal dolore e dagli incidenti. Per riuscire in una spaccata, quindi, un primo obiettivo è quello di ritardare il momento in cui interviene la tensione muscolare o, se possibile, evitarla del tutto.
Una prima strategia è aspettare che la tensione muscolare smetta: mettiamoci nella posizione di spaccata fino al punto che sappiamo raggiungere e lasciamo che il riflesso da stiramento si attivi. Questa contrazione muscolare si chiama riflesso miotatico, e altro non è che un meccanismo di difesa messo in atto dall’organismo, quindi non è di per sé un limite o una minaccia. Al contrario, protegge i nostri muscoli dai danni. È in questo momento che bisogna rimanere in quella posizione, rilassandoci e aspettando il momento in cui la tensione muscolare, che si è attivata da sola, da sola cessi. Nel fare questo prestiamo particolare attenzione alla respirazione: inspiriamo profondamente, poi rimaniamo un attimo in apnea ed espiriamo lentamente. Il muscolo non può rimanere contratto all’infinito; a un certo punto cederà. Possiamo sfruttare la situazione per aumentare la spaccata e provocare un successivo riflesso da stiramento e così via. I muscoli non resteranno contratti all’infinito, quindi aspettiamo e rilassiamoci.
Come fare la spaccata: consigli utili
In fase di preparazione, uno dei metodi più usati è lo stretching di Anderson, uno stretching statico costituito da tre fasi: Le prime due non attivano il riflesso estensorio e non procurano dolore; la terza invece fa entrambe le cose. Non c’è alcun movimento e si deve arrivare alla posizione il più lentamente possibile. I vantaggi dello stretching statico sono ovvi: è facile, non è faticoso e apporta benefici all’elasticità. Gli unici reali svantaggi sono che non è specifico, non migliora la coordinazione e non attiva le terminazioni primarie dei fusi che sono sensibili alla velocità del movimento.
Un secondo tipo di lavoro, più efficace al raggiungimento della riuscita della spaccata, punta sul fattore forza e consiste in esercizi di stretching isometrici con il metodo chiamato CRS (Contract Relax Stretching, ovvero contrazione, rilassamento, allungamento). Questi esercizi comprendono le stesse attività descritte prima e quindi hanno gli stessi vantaggi (oltre al riflesso miotatico o “da stiramento”), in più contribuiscono al riflesso “da contrazione” che rinforza i muscoli stessi. Questo sistema consiste nel contrarre isometricamente il muscolo in questione per 10/15 secondi, rilassarlo per 5/6 secondi e attuare l’allungamento. In questo modo, se si fa precedere all’allungamento una fase di contrazione muscolare, durante l’allungamento il riflesso da contrazione inibirà quello da stiramento e il muscolo si potrà allungare di più! La conseguenza del rinforzamento è che il momento in cui scatta il riflesso da stiramento avverrà più tardi. È come se il muscolo, sapendo di essere forte, avesse meno timore del danno da stiramento. Il limite in questa tecnica è che il riflesso da contrazione si attiva solo se la contrazione è davvero fortissima, per cui attenzione!
Descriviamo adesso un semplice esercizio. Cominciamo la spaccata. Non appena scatta il riflesso da stiramento, anziché rilassarci come prima, facciamo esattamente l’opposto: contraiamo in maniera maggiore e volontariamente i muscoli coinvolti. Aiutiamoci anche qui con la respirazione: inspiriamo profondamente, e trattenendo per un secondo o due il respiro, contraiamo i muscoli dell’anca e ischiocrurali con tutta la forza. Nell’espirare arriverà un rilassamento. Anche qui si può guadagnare qualche centimetro di spaccata e ripetere la procedura. È d’obbligo ricordarsi di far seguire, tra la contrazione preliminare e l’allungamento, qualche secondo di riposo (di solito da 3 a 5), poiché il riflesso da stiramento viene inibito solo se si osserva questa regola.
Come ci si può approcciare correttamente alla spaccata?
Esistono altri metodi di stretching oltre ai due elencati, e ciascuno ha i suoi pro e contro. Il risultato migliore si otterrà dunque combinandoli. Il metodo Anderson non è tanto stressante e quindi permette di allenarsi molto più spesso che con gli altri, anche tutti i giorni. Il metodo CRS non migliora la forza che il muscolo è in grado di generare quando è massimamente allungato, ma genera dei picchi di forza in quanto la contrazione avviene prima dell’allungamento.
Imparare a fare stretching significa imparare a trarre giovamento dal rilassamento mentale che si traduce in un allungamento muscolare: per raggiungere questo risultato è indispensabile il completo coinvolgimento mentale e ognuno ha bisogno di un periodo tutto suo per “lasciarsi andare completamente”.
Dott.ssa Luciana Serpe
da www.santuccirunning.it - richiedi ulteriori informazioni